Fantaghirò è conosciuta grazie alle avventure televisive dirette da Lamberto Bava. Leggendo la fiaba originale nulla o assai poco sembra collegare la fiabesca storia all’opera cinematografica una storia di ragazza che si finge uomo per andare alla guerra in vece del padre malato. Sono le tre figlie (Fantaghirò infatti è l’ultima di tre sorelle) che si propongono per diventare loro stesse generali e il padre mostra poca convinzione per il fatto che la guerra “non è affar di donne. Ma poi l’insistenza di ciascuna lo fa desistere.
Le prime due sorelle non riescono ad arrivare alla meta. Mentre son in viaggio si fermano a guardare il paesaggio: la contemplazione non è azion di guerra. Tonino, servitore fidato del re le fa tornare indietro. Resta Fantaghirò, delle tre sorelle la più bella. Di solito la bellezza può essere la causa di una guerra (si pensi ad Elena nell’Iliade): in questo caso la bellezza servirà se vogliamo a fermarla, come a dire in questo caso: la bellezza salverà il mondo.
La cosa che più spicca nel personaggio di Fantaghirò è la sua determinazione.
É forse questa una caratteristica da definire maschile? Non si sa.
E questa determinazione la fa portare dritta dritta alla meta. Tonino e l’esercito titubanti e un po’ seccati (d’altronde nella storia hanno già fatto avanti ed indietro due volte) questa volta son contenti: la guerra si farà davvero.
Ma Fantaghirò non è solo determinata, ma strategica ( E come si può vincere una battaglia senza un’opportuna strategia?).
Prima di guerreggiare il nemico si deve studiare. Fino a qui sembra una cronaca di guerra, in cui la guerra ancora non c’è stata. C’è però una freccia che colpisce il cuore del Re nemico, guarda caso un bel giovanotto (e ritorna il termine bello). La freccia di Cupido. I due evidentemente colloquiano. Ma in genere i colloqui di guerra si dovrebbero preannunciare freddi, distaccati e pieni di tensione. Durante il colloquio la tensione c’è stata, ma è stata tensione d’amore. Il re corre dalla mamma (e interessante notare come un Re giovane pronto alla guerra si rifugi dalla mamma perché colpito e ferito, da un male interiore, fiamma d’amore, che evidentemente non conosceva). Lui ha sentito, (dolce la favella) ha visto (due occhi neri) e in quello è già sprofondato: sicuramente è donna. Ma la mamma lo frena, lo fa ragionare. Nella guerra, in qualunque guerra, è importante la strategia. Ed ecco che per capire se si tratti di uomo o donna questo lo diranno le sue azioni. Che son azioni esteriori, come ad esempio il tenere le armi o non tenerle in mano, l’affettare il pane in una certa maniera: quello ti dice chi sei. Ma sono azioni formali, facilmente rappresentabili. Fantaghirò è abile nel rappresentarsi uomo e rimanere nel fondo donna con tutto il suo potere di fascinosa integrità. Rimane mettersi a nudo, ed è lì che arriva il problema: non si sfugge alla nudità di noi stessi.
Fantaghirò più volte si è messa alla prova, ma il re, a parte il suo desiderio (qui si se vogliamo tutto maschile) di guerreggiare cosa ha dato di sé? Poco possiamo immaginare. Ed è per questo che ha bisogno di rinascere anche lui in una nuova forma. Si immerge nella peschiera, l’acqua è elemento fondamentale, per una nuova rinascita, e per lui il mezzo con cui scoprire se Fantaghirò è donna oppure no. Ma in realtà lui già sa, solo che deve capire le sue priorità: seguire l’esteriore ovvero il suo esser re, o il suo sentire interiore ovvero essere innamorato? Fantaghirò abilmente afferma che quel giorno non se la sente di immergersi. É molle di sudore, (d’altronde quanta fatica stava facendo in questo abile gioco di scacchi?) Lì poteva essere scoperta, ed è qui che ancora usa la strategia. Fa arrivare una finta lettera di suo padre che si dichiara prossimo alla morte. Niente bagno, la famiglia e la perdita degli affetti son più importanti. Fantaghirò torna indietro (con l’esercito e con Tonino). Il re dentro questa Acqua, divenuta fredda inospitale deve (ri)uscire. Non ha risolto il dilemma. Ma Fantaghirò è abile e da l’ultimo colpo di grazia ma con grazia. Prima di andare lascia sul suo letto una lettera. Sapeva di certo che il Re, disperato di dubbio e d’amore si sarebbe fiondato nelle stanze della di lei persona per riuscire a sentire il profumo, un indizio che sveli e che possa far esclamare: “è Donna è Donna (D volutamente maiuscola)! Meglio ancora, trova una lettera che è la firma della sua resa: “donna è venuta, donna se ne va, ma riconosciuta il re non l’ha.” Il re è vinto. Gli è mancato il coraggio di poter urlare fino in fondo il suo amore. Non si è fidato del suo primo istinto. Ha perso. Ma può ancora correre. Non ha neanche tempo di spiegare a sua madre le sue intenzioni, non pensa più alla sua resa, ma alla vittoria di un’altra che non è solo Donna, ma è generale e che diventerà regina di due regni: del ducato e dell’anima.
La guerra non si è fatta, e se c’è stata una guerra, è stata d’amore.
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